Guest Post a cura di Francesco Malvestio
Cos’è la creator economy
La creator economy (viene detta anche passion economy o economia della monetizzazione individuale) ed è il mercato che si basa sulla creazione di contenuti (scritti, video, audio, etc.) da parte di persone che, attraverso i loro interessi e le loro passioni, riescono a creare un rapporto diretto con il proprio pubblico e, grazie a strumenti digitali di monetizzazione, generano un guadagno.
Per dare una definizione di creator economy, possiamo riprendere le parole di Eric Freytag, Senior Manager di Streamlabs (una piattaforma di streaming californiana), il quale riassume il cambiamento del consumo dei media così:
“Invece di dieci programmi TV consumati da miliardi di persone, ora abbiamo centinaia di milioni di programmi che soddisfano miliardi di persone.
Potresti essere solo una delle dieci persone al mondo interessate a un argomento di nicchia, ma è probabile che troverai dei contenuti per esso.
Inoltre, le persone che creano contenuti per quell’argomento ne sono veramente e autenticamente appassionate“.
Le persone che creano contenuti (in maniera individuale o riunendosi in piccoli gruppi), sviluppando i propri “personal brand” e il proprio pubblico online, sono risultate essere uno dei maggiori sviluppi dell’era digitale negli ultimi 5-10 anni.
L’ecosistema si sta espandendo per una serie di ragioni, tra cui l’aumento del consumo di contenuti e media digitali e l’avvento della tecnologia che ha abbassato le barriere alla creazione di contenuti.
Un classico esempio di creator che è riuscito a monetizzare i propri contenuti è Joe Rogan, il più grande podcaster al mondo, che nel 2020 ha raggiunto un accordo con Spotify, di 200 milioni di dollari, per pubblicare i suoi contenuti sulla celebre piattaforma audio.
Un esempio italiano, è Marco Montemagno, uno dei più famosi Youtuber italiani e creatori di contenuti nel mondo business e marketing, che è riuscito a monetizzare le sue attività in molti modi diversi: libri, videocorsi, eventi dal vivo, … .
Oggi siamo al punto in cui i creatori di contenuti stanno divenendo sempre più indipendenti sia dalle piattaforme social, sia dagli accordi con i brand (influencer marketing).
Infatti negli anni, molti sono riusciti a sviluppare una fanbase solida, che li segue fuori piattaforma: in questo modo i creatori di contenuti hanno cominciato a diventare vere e proprie aziende, con molteplici flussi di entrate oltre alla pubblicità.
Le aziende sono arrivate per aiutare i creatori a guadagnare denaro vendendo prodotti come contenuti premium, merchandising, libri/ebook, newsletter o vendendo servizi come coinvolgimento dei fan con eventi online/offline, coaching, consulenza, attività di conferenza, ecc. Ciò consente ai creatori di concentrarsi sulla soddisfazione dei loro più grandi fan e creare contenuti di nicchia più unici, a cui i followers siano genuinamente interessati, invece di cercare disperatamente il pubblico più vasto possibile, creare contenuti “clickbait” ed essere costretti ad accettare accordi pubblicitari non in linea con il loro stile comunicativo.
La grande tendenza che vediamo in questa fase della creator economy e dei social media in generale, è che, con il passare del tempo, i creatori stanno diventando sempre più diversificati nei loro flussi di entrate e vengono finanziati direttamente dai loro fan.
Questo consente loro di avere molta più “libertà editoriale” e gli permette di creare contenuti molto più coinvolgenti e genuini.
I creatori sono passati dall’essere pagati da piattaforme come YouTube, con percentuali di partecipazione rispetto alle entrate pubblicitarie di ciascun contenuto; all’essere degli influencers, ovvero essere pagati dalle aziende per i loro contenuti su Instagram, Facebook, YouTube o TikTok, in virtù della loro “rilevanza” verso il pubblico che questi creatori di contenuti raggiungono attraverso le piattaforme.
Negli ultimi anni, però abbiamo assistito a creators che vengono pagati o finanziati direttamente dai fan tramite: abbonamenti (ad esempio abbonamenti su Twitch), donazioni (ad esempio su Patreon) o vendite tramite e-commerce (ad esempio vendite di merchandising del creator o di videocorsi realizzati da questo).
In particolare, negli ultimi anni si è verificata un’esplosione incredibile di startup nella Creator Economy, poiché la crescita delle piattaforme di social media ha permesso ai content creator di trovare diverse modalità di monetizzazione del proprio lavoro.
La monetizzazione dei contenuti
Infatti negli ultimi 5 anni, sono nate e cresciute diverse startup, che hanno promesso ai creatori di poter monetizzare meglio il proprio pubblico sui social media promuovendo solo i loro prodotti o servizi e senza essere costretti a fare collaborazioni continue con altri brand (il cosiddetto “influencer marketing”).
Un classico esempio sono piattaforme digitali di e-learning come Udemy o Thinkfic, che offrono ai creatori di contenuti la possibilità di pubblicare videocorsi, tutorial, templates e risorse a pagamento e venire remunerati per le skills che insegnano.
Ma chiaramente queste appena elencate non rappresentano le uniche soluzioni possibili.
Ormai ci sono una miriade di creatori di contenuti che hanno trovato un sacco di modi differenti di monetizzare la propria attività, come vendere prodotti creati da loro (ad esempio merchandising) o in partnership con altre aziende.
Tutti abbiamo assistito alle classiche situazioni in cui i creatori promuovono le nuove offerte di una startup o di un brand, tramite un link nella bio o menzioni nei video (come reels o storie su Instragram) tramite link, indirizzando i propri follower a una landing page che consente una nuova interazione, servizio o funzionalità legata al creatore.
Inizialmente, queste situazioni sono nate quasi come “per caso”, come esperimento, ma nel corso degli anni sono stati sperimentati moltissimi prodotti creativi, che spaziavano dall’e-commerce alle newsletter, alle sessioni di domande e risposte solo per glo abbonati e altro ancora.
Questi prodotti o servizi promettevano tutti una situazione vantaggiosa:
- sia per i content creators, che potevano monetizzare facilmente i loro sforzi dopo aver creato contenuti apprezzati dalla propria community
- sia le aziende che collaboravano con loro, in modo che quando i loro followers di questi creatori di contenuti spendessero denaro, la piattaforma digitale prendesse solo una percentuale dei guadagni, solitamente intorno al 10%, più o meno.
Molte piattaforme (come Kajabi, Teachable e Thinkific) adattano i propri software e la loro struttura alla vendita di competenze specifiche, permettendo ed agevolando i creatori a vendere corsi di formazione online.
Queste piattaforme di e-learning hanno aumentato le proprie entrate del 120% negli ultimi 2 anni e rappresentano la categoria di piattaforme più grande in termini di entrate per i creatori di contenuti.
Qui sotto, puoi notare la distribuzione dei guadagni all’interno della piattaforma di e-learning Teachable:

Anche gli abbonamenti mensili stanno diventando un modo popolare per i creatori di guadagnare entrate affidabili. Invece di ricevere uno stipendio, possono pianificare meglio il futuro della loro attività con entrate ricorrenti mensili (MRR= Monthly Recurring Revenue).
Detto questo, per la maggior parte dei creatori, il reddito è complementare ad altri lavori piuttosto che al loro unico lavoro. La percentuale di creatori statunitensi che guadagnano un salario dignitoso (ovvero almeno 50.000$), lavorando part-time, **è del 3%** negli Stati Uniti.
Chiaramente in quest’ambito, ci sono stati grandi successi, con alcune di queste aziende che offrono servizi nella creator economy che hanno raggiunto milioni di guadagni pagati ai content creators presenti sulla loro piattaforma digitale (come Patreon o Gumroad), mentre altre hanno faticato o stanno faticando proprio per l’aumento della competizione in questo mercato.
I dati della creators economy
Come sappiamo, la pandemia ha stimolato una crescita di content creators online che monetizzavano i propri hobby e le proprie passioni con il tempo ritrovato.
Nuove piattaforme per i Creator sono nate ogni giorno per sfruttare questo trend, molte delle quali sostenute da importanti fondi di venture capital.
Tuttavia, a partire dal 2022, i finanziamenti per queste piattaforme sono diminuiti e tecnologie come le criptovalute e l’Intelligenza Artificiale hanno conquistato “i riflettori”.
Il ciclo di successo della Creator Economy sembrava aver raggiunto la cosiddetta “fossa della disillusione”.
I nuovi dati di Stripe, però, ci indicano una situazione diversa: la Creator Economy in questi anni è cambiata e si è evoluta, ma è ancora un mercato fiorente.
La ricerca di Stripe ha “visto da vicino” l’ evoluzione di questo mercato, dato che molte delle più grandi piattaforme di Creator utilizzano proprio i servizi di questa azienda di pagamenti per “portare a bordo” nuovi produttori di contenuti e permettergli di gestire i propri ricavi in tutto il mondo.
Ecco un grafico di Stripe che mostra come il numero dei content creator sia aumentato drasticamente negli ultimi 3 anni:

- Nel 2021, aggregando i dati delle 50 piattaforme digitali per content creator più popolari su Stripe, circa 700.000 creatori di contenuti avevano ricevuto complessivamente pagamenti per un valore complessivo di 10 miliardi di dollari.
- Aggiornando i dati nel 2023, i risultati sono ancor più sorprendenti: la Creator Economy sta ancora crescendo alla stessa velocità del 2021. Oggi, le stesse 50 piattaforme digitali hanno accolto oltre 1 milione di content creators di contenuti e totalizzato oltre 25 miliardi di dollari di ricavi.
- La Creator Economy, inizialmente sviluppatasi negli Stati Uniti, ora è evidentemente un fenomeno globale. La percentuale di “entrata” di nuovi produttori di contenuti, in questo mercato, sta infatti rallentando negli Stati Uniti (-25% rispetto al 2022), ma sta nel frattempo accelerando ovunque nel resto del mondo. L’Europa e il Medio Oriente hanno raddoppiato la propria quota di content creators, passando dall’11% di 2 anni fa al 22% attuale.
Secondo una ricerca di Goldman Sachs, una delle principali banche di investimento al mondo, i 50 milioni globali di content creators, aumenteranno a un tasso di crescita annuo del 10-20% nei prossimi 5 anni.
Sempre secondo tale ricerca, i creatori di contenuti guadagnano entrate principalmente attraverso:
- accordi di branding diretto per presentare o sponsorizzare prodotti e servizi come influencer;
- tramite una quota dei ricavi pubblicitari con la piattaforma ospitante (classico esempio è YouTube, ma anche X si sta muovendo in questo senso);
- attraverso abbonamenti, donazioni e altre forme di pagamento diretto da parte dei follower (classico esempio è la piattaforma Patreon).
Secondo i dati del sondaggio, gli accordi con i brand, tramite attività di influencer marketing, rappresentano la principale fonte di entrate, pari a circa il 70%.
Qui sotto puoi notare un grafico che mostra il livello di spesa (e di crescita di tale spesa) in attività di influencer marketing negli Stati Uniti, sulle principali piattaforme di social media:

Infine, Goldman Sachs riscontra che solo circa il 4% dei creatori totali (a livello mondiale) sono considerati professionisti, il che significa che guadagnano più di 100.000 dollari all’anno.
L’influencer marketing
Come abbiamo appena riscontrato, la maggior parte dei content creators guadagna la maggior parte dei propri ricavi tramite il cosiddetto “influencer marketing”.
Ma che cos’è l’influencer marketing?
Beh, l’influencer marketing è una strategia di marketing che utilizza “la figura” degli influencer, che hanno un seguito ampio e/o particolarmente coinvolto sui social media o altre piattaforme, per promuovere un prodotto o servizio.
Questo tipo di marketing può essere molto efficace perché gli influencer sono visti come affidabili e credibili dai loro follower, il che li rende più propensi ad acquistare o provare il prodotto promosso.
Infatti, in questo modo i brand riescono a ridurre molte campagne di “branding” (rendendo più efficiente la spesa pubblicitaria) dal momento che non dovranno sforzarsi di far sì che i loro potenziali clienti si fidino di loro.
Questo compito di “generazione della fiducia” verso il brand, da parte della target audience, viene svolto proprio dall’influencer in questione, il quale ha acquisito credibilità ed attenzione da parte del proprio pubblico attraverso la propria attività di creazione dei contenuti.
Molto spesso, proprio per suscitare maggiore attenzione verso il brand ed i suoi prodotti, molti dipartimenti di marketing, invitano gli influencer a collaborare con loro, creando contenuti sponsorizzati su misura per il loro pubblico target e i loro obiettivi.
Un esempio in Italia è Marcello Ascani, che ha creato molti contenuti sponsorizzati estremamente ingaggianti proprio perché personalizzati, offrendo contenuti esclusivi che suscitavano maggiormente l’attenzione della sua audience.
I marchi utilizzano le celebrità per vendere prodotti da molto prima che gli YouTuber apparissero per la prima volta su scatole di cereali o barrette di cioccolata (vedi MrBeast, il canale YouTube più famoso al mondo, che ha di recente realizzato prodotti alimentari “brandizzati”).
Ma l’influencer marketing e l’endorsement delle celebrità (di solito tramite giornali o TV) non sono proprio la stessa cosa.
- Le sponsorizzazioni di celebrità in genere implicano che un’azienda faccia un enorme investimento in qualcuno, ma è difficile specificare l’esatto ritorno su tale investimento, dato che non è misurabile.
Inoltre, non si riesce a targettizzare un’audience specifica, perché tali endorsment vengono fatti su canali di comunicazione generici (ad esempio la TV) senza una considerazione specifica di quale segmento di audience il brand vuole “colpire” . - Invece, con l’influencer marketing, è più facile calcolare il ROI perché le aziende possono monitorare da vicino le interazioni (i likes, le condivisioni, le conversazioni online e così via) e possono scegliere influencer che non sono grandi celebrità, ma che hanno molta influenza verso una nicchia specifica (es. gaming) e quindi possono “guidare” molti più acquisiti o comunque “consideration” verso il brand.
Infatti, tendenzialmente, proprio l’autenticità è la base di qualsiasi campagna di influencer marketing di successo. Per i brand, riuscire a costruire relazioni con influencer che sono già rilevanti per il pubblico che vogliono targettizzare e per il messaggio che vogliono diffondere è vitale.
Come puoi notare, dal grafico qui sotto, il 61% dei consumatori segue e si fida delle indicazioni o raccomandazioni degli influencers e il 38% si fida di contenuti “brandizzati” sui social media.

Gli influencer potrebbero essere famosi per i loro contenuti su gaming, cucina, fitness, travel e così via.
Quello che ogni brand deve chiedersi è se i suoi prodotti ed il suo stile comunicativo si adattano bene a un particolare influencer e al suo pubblico di riferimento.
Chiaramente qui entra in gioco anche lo studio delle caratteristiche demografiche e psicografiche dell’audience di riferimento dell’influencer in questione.
Sul punto, sappi che la “GenZ”, è l’audience con il maggior livello di “fiducia” verso i propri influencers, come dimostrato da questo grafico:

Spesso è molto meglio scegliere un influencer “minore” rispetto a limitarsi a coinvolgere solo gli influencers maggiori.
Infatti l’influencer “minore” potrebbe essere molto rilevante per una frazione molto concentrata di pubblico ed avere una linea comunicativa molto in linea con il brand, il che produrrà dei risultati migliori, dato che questi aspetti generano autenticità e fiducia agli occhi del suo pubblico
Ricorda che devi considerare l’influencer marketing qualcosa di più del semplice punteggio dei likes che raggiungo i post promozionali.
Piuttosto, dovrebbe consistere nella costruzione di rapporti reali con i creatori ed il loro pubblico: li vuoi veramente appassionati al tuo brand ed ai tuoi prodotti.
I vari tipi di influencers:
Gli influencer sono solitamente classificati in 5 diverse categorie a secondo del numero di followers e dunque sulla potenziale rilevanza che possono avere verso un dato pubblico.
- I nano influencer hanno meno di 10.000 followers
- I micro influencer sono da 10.000 a 50.000.
- I medium influencer hanno da 50.000 a 100.000 followers .
- I macro influencer hanno più di 100.000 followers, ma meno di 1 milione
- I mega influencers sono molto rari e sono quelli che hanno + 1 milione di followers.
Potresti presumere che i brand vogliano lavorare solo con macro influencer, ma questa non è sempre la decisione aziendale più intelligente.
Infatti, i micro influencer potrebbero produrre contenuti più personalizzati e “reali” rispetto ai loro “colleghi” macro-influencer, che utilizzano fotografi professionisti, stilisti, truccatori e tutti i tipi di consulenti per mettere insieme un post o un video.
Dunque mentre i macro influencer possono pubblicizzare uno stile di vita che sembra irraggiungibile per molte persone, i micro influencer, d’altro canto, possono rappresentare l’accessibilità per i loro follower e spesso sono visti come più autentici.
Questo significa che tendenzialmente sono (in termini percentuali) più rilevanti per i loro followers e sono in grado di avere relazioni più dirette con il loro pubblico.
Sul punto, ecco un grafico che mostra l’engagement rate dei followers con i propri influencers, diviso per le 5 categorie:

Naturalmente, ci sono evidenti vantaggi nel lavorare con i macro influencers: con il loro seguito di massa, possono aiutare i marchi a raggiungere centinaia di migliaia o addirittura milioni di persone.
Bene ora che hai capito “la divisione” in categorie di influencers, passiamo a vedere come funziona una campagna di marketing.
Come funzionano le campagne di influencer marketing
Inizialmente, le campagne di influencer marketing sembravano molto simili a degli endorsment, in cui il content creator in questione riceveva un compenso fisso per una semplice attività di promozione del brand, che si concretizzava in semplici descrizioni di specifici prodotti o servizi.
Da questo punto di vista, la maggior parte di queste campagne erano campagne di brand marketing, con l’obiettivo di generare awareness e consideration riguardo i prodotti del brand.
Tuttavia, sempre più aziende stanno cercando di sfruttare l’influencer marketing come “doppia attività”: sia di branding che di conversione.
Infatti, si stanno diffondendo sempre più campagne di influencer marketing in cui il brand che sponsorizza il creatore di contenuti, offre un link che rimanda a prodotti e/o offre un codice sconto (o altro incentivo all’acquisto) agli ascoltatori dell’influencer.
Quest’ultimo, lo promuoverà durante i suoi video o nei suoi contenuti, quando parlerà dei prodotti/ servizi del brand in questione: in questo sta l’attività di branding.
Dopodiché questo link (con codice sconto o altro incentivo), una volta che verrà cliccato da uno dei componenti del pubblico dell’influencer, verrà tracciato (tramite strumenti di marketing analytics) dal brand che ha realizzato tale campagna in collaborazione con tale influencer.
Così facendo l’azienda è in grado di analizzare i dati della campagna di influencer marketing e capire quale sia il “grado di conversione” dell’influencer in questione e quanto questo sia bravo a trasformare il pubblico in clienti o potenziali clienti del brand.
Chiaramente il tasso di engagement e di conversione non dipenderà solo dalla “bravura” dell’influencer in questione ma anche dal tipo di pubblico e dalla piattaforma in cui vengono pubblicati i contenuti. Infatti, abbiamo visto prima che la “GenZ” tende a seguire maggiormente i consigli dei propri influencers.
Quanto alla piattaforma, queste offrono diversi livelli di engagement, con TikTok che si posiziona come primo social media per tasso di engagement dei propri utenti rispetto ad attività di influencer marketing.

Dunque, possiamo ora definire la maggior parte delle campagne di influencer marketing strutturate nel seguente modo.
- Un influencer riceve una tariffa fissa per post o video realizzato in cui pubblicizza un prodotto o servizio (al riguardo si parla di “brand deal”).
Le tariffe forfettarie possono essere da 3 a 5 cifre, anche per un influencer senza milioni di follower o una notorietà globale; mentre le celebrità possono addebitare sei o più cifre per post. - Lo stesso influencer, quando pubblica post su un prodotto o servizio, aggiunge un collegamento a un destinazione di acquisto.
Ogni volta che uno spettatore acquista il prodotto facendo clic sul link o utilizzando un codice promozionale, l’influencer guadagna una commissione di affiliazione.
I dati dell’influencer marketing
Ora che hai una comprensione più chiara di come funziona l’influencer marketing, volevo darti alcune statistiche che trovo particolarmente rilevanti per comprendere al meglio questo settore.
- Nel 2023, la spesa globale in attività di influencer marketing raggiungerà i 21,1 miliardi di dollari, in aumento del 29% rispetto ai 16,4 miliardi di dollari dell’anno precedente.
- Di media, le aziende stanno raggiungendo 5,20$ (dollari) di ROI (Return on Investment) per ogni 1$ speso per l’influencer marketing, mentre il top 13% delle aziende registra entrate pari o superiori a 20$ per ogni 1$ speso.
- Dal 2016 si è registrato un aumento del 465% delle ricerche per la frase “influencer marketing” solo su Google.
- Il 67% dei brand utilizza Instagram per l’influencer marketing.
- In Italia, nel 2022 l’81% delle aziende ha attivato campagne di influencer marketing.
- Nel complesso il valore economico investito dai brand italiani nel 2022, per pubblicizzare sui social i loro prodotti, tramite influencers, ha raggiunto la cifra record di 294 milioni di euro, portandosi a +8% rispetto al 2021.
Conclusione
Bene, siamo giunti al termine di questa guida.
Spero che ti sia stata utile e che ti abbia fornito tutti gli strumenti e le informazioni per comprendere al meglio la creator economy.
Se il tuo obiettivo è di diventare un content creator o influencer (o lavorare a stretto contatto con loro) sono sicuro che dopo questa guida ti sarà molto più chiaro come funziona questo ecosistema ed i suoi “meccanismi” di funzionamento.
Ricorda sempre che questo è un mercato in costante evoluzione e per quanto io ti abbia fornito molte indicazioni e dati riguardo agli sviluppi futuri, ora è tuo compito rimanere aggiornato sui futuri cambiamenti che accadranno da qui ai prossimi anni.
Sono sicuro che ci sarà da divertirsi !
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Bene, abbiamo finito!
Ci sentiamo alla prossima guida e ti auguro di avere successo nella creator economy se questo è quello che desideri !