La gestione delle priorità, spesso sottovalutata, è quella soft-skill che ti permetterà di raggiungere risultati straordinari. Ecco i contenuti di questo articolo in meno di 30 secondi:
- La causa principale dietro alla convinzione che sia impossibile raggiungere un risultato é la mancanza di chiarezza e struttura
- Il processo per raggiungere un obiettivo si divide in quattro parti: Objective, Micro-goals, Priorità, Stato di avanzamento
- Esistono diverse tecniche di prioritizzazione: dalla tecnica MoScoW, alla Eisenhower matrix, la metodologia Scrum, Kanban o ICE.
Non ce la farò mai.
É troppo complesso.
Non ho idea da dove cominciare.
Queste sono le frasi che ho sentito più spesso. Le frasi le ho ascoltate da altri colleghi e amici. E le ho pronunciate io stesso innumerevoli volte.
Sono le parole di qualcuno che non sa come risolvere un problema. Di qualcuno che vuole arrivare dal punto A al punto B (completare un progetto importante in azienda, raggiungere un traguardo personale importante), ma non ha idea della strada da seguire.
Cosa si intende per gestione delle priorità
Perché raggiungere un risultato sembra impossibile?
Facciamo subito una premessa: non vogliamo mai essere reattivi agli eventi che “ci succedono”, vogliamo agire con proattività.
Per questo motivo, é essenziale definire un processo solido che ci consenta di avere sempre un’idea chiara e precisa di cosa vogliamo ottenere e dei passi che dobbiamo fare per arrivarci.
Quando penso a questo tema, spesso mi viene in mente la dinamica aziendale delle grandi multinazionali.
Lavorando per grandi multinazionali dell’e-commerce, qualche anno fa mi sono imbattuto in molti colleghi che, nonostante la loro personalità brillante, spesso tendevano a lamentarsi delle loro possibilità di crescita, carriera ed evoluzione professionale.
Mi ricordo come se fosse ieri. Durante una pausa chiesi ad una bravissima Art Director, mia collega:
“Ma tu, da qui a tre anni, cosa vorresti fare? Che piani hai? Vorresti gestire il team?”
E lei mi rispose:
“Nah, è troppo complesso, la scala gerarchica è insormontabile. So solo che non voglio più lavorare con questa gente. Odio tutti”.
Ecco, per quanto fossimo buoni amici, sono sicuro che questo approccio non sia quello corretto. Per due motivi principali:
- Quando non esiste un piano, mancano gli stimoli. E quando mancano gli stimoli, non si raggiungono risultati
- L’approccio totalmente negativo al presente e al futuro non consente di farci vedere le opportunità. Vediamo solo limitazioni.
In sostanza, lei non aveva un obiettivo. Riteneva anche la sola eventualità di crescere professionalmente come una missione impossibile. Non aveva un piano per arrivarci. Non voleva affrontare le resistenze mentali. Non era organizzata.
A volte, la distanza tra noi e l’obiettivo che vogliamo raggiungere sta appunto nella definizione del processo e potrebbe essere più semplice del previsto.
Questo processo, si divide in 4 parti:
- Definizione di un obiettivo macro – Objective
- Definizione dei passi per per arrivarci – Micro-goals
- Identificazione e gestione delle priorità – Prioritization
- Tracciamento del progresso – Stato di Avanzamento
In altre parole, non basta sognare di fare qualcosa. Di cambiare lavoro, creare un business da zero o di viaggiare verso un luogo esotico. Bisogna fare azioni concrete e precise per raggiungerlo.
La difficoltà, nella stragrande maggioranza dei casi, sta nel comprendere le regole alla base della gestione delle priorità.
Indipendetemente dalla grandezza o semplicitá dei tuoi obiettivi personali e professionali, voglio condividere con te alcune delle tecniche che ho testato nel corso di questi anni per identificare tutti i tasselli che compongono il puzzle rappresentato dal nostro obiettivo e come ordinarli in maniera organizzata per priorità.
Vedremo queste tecniche di pianificazione e prioritizzazione:
- MoScoW
- Eisenhower
- Scrum
- Kanban
- ICE
Tecnica MoSCoW
La tecnica MoScoW è una delle più utilizzate in ambito business, sopratutto quando di parla di sviluppo di prodotti tecnologici.
Fa parte della metodologia Agile, ovvero una processo seguito da team tecnologici (ma applicabile anche ad altre aree dell’azienda) per sviluppare un prodotto in maniera rapida e flessibile, seguendo un backlog di priorità ben strutturato.
La sua semplicità è la sua forza, visto che utilizza categorie logiche molto diffuse anche nella vita di tutti i giorni e facilmente applicabili.
In breve, consiste nell’organizzare le attività in ordine di priorità, utilizzando specifiche categorie:

- Must Have: sono le cose essenziali, non negoziabili che devono assolutamente rientrano nello scopo di progetto o nella attività da completare per raggiungere un obiettivo. Senza di esse, non si può chiudere un attività o considerare il proprio compito completato. Per usare un esempio semplice, pensiamo ad un libro: il must have in un libro è la storia centrale, gli avvenimenti cruciali che contribuiscono a crearla.
- Should Have: sono le cose importanti ma non vitali. Talvolta può essere difficile lasciarle da parte quando si lavora su qualcosa, ma potenzialmente si possono escludere dalla prima versione del nostro progetto e potrebbero richiedere qualche piccola modifica. Nell’esempio del libro, si tratta del contesto e nella descrizione delle scene principali, inclusa la caratterizzazione dei personaggi: possiamo farne a meno leggendo la storia, ma contribuirebbero a renderla più completa e interessante.
- Could Have: sono le cose che desidereremmo inserire perché le riteniamo interessanti, ma non sono tanto importanti quanto le Should Have. Sono elementi che soggettivamente vorremmo, ma non sono cruciali. Nella similitudine col libro, si tratta delle premesse, delle storie parallele, nelle descrizioni approfondite degli stati d’animo. Non sono essenziali, ma faranno di quel libro un capolavoro.
- Won’t Have: sono gli elementi che non inseriremo all’interno delle nostre attività di progetto, in quanto non sono importanti e non abbiamo tempo o budget per portarle a termine. Sarebbe interessante testarle e inserirle ma non avranno realisticamente un grosso impatto
Una volta categorizzate le attività e i micro-goal da portare a termine seguendo questa metodologia, siamo pronti a eseguirle per priorità: partiremo dalle Must Have e, se riusciamo, le Should Have. Lasceremo inizialmente da parte le Could Have e le Won’t Have perché non necessarie a raggiungere il nostro obiettivo iniziale. Le andremo ad inserire quando vorremo migliorare la qualità del nostro progetto.
Tecnica Eisenhower
La seconda metodologia di prioritizzazione si chiama Eisenhower Matrix.
Prende il nome da Dwight David Eisenhower, ovvero il generale dell’esercito americano che è poi diventato il 34esimo Presidente degli Stati Uniti d’America dal 1953 al 1961. Si dice che Eisenhower applicasse continuamente questo metodo per prendere le decisioni più cruciali per il destino del paese.
Più recentemente, questa metodologia è stata ripresa da Stephen Covey, che nel suo “7 Habits of Highly Effective People” l’ha poi riorganizzata nei diversi quadranti, identificando le caratteristiche di ognuno, compresi pro e contro. Il famosissimo “Quadrant II”, ovvero quello che in questa sezione è definito come “Schedule” (continua a leggere poco sotto), secondo Covey è quello su cui dobbiamo focalizzarci.
Come ho già raccontato in un altro video-articolo, la matrice di Eisenhower ci consente di suddividere le attività da compiere per portare a termine un progetto seguendo la combinazione di alcune variabili.
Il nostro compito sarà quello di selezionare le attività da compiere immediatamente e quelle da rimandare o gestire in maniera differente. Due sono le variabili da tenere in considerazione in fase di definizione delle nostre attività al lavoro, nello studio o nella nostra vita personale:
- Urgenza – quanto rapidamente dovremo fare una cosa
- Importanza – quanto rilevante sia questa cosa ai fini dei nostri obiettivi
In base alla combinazione tra importanza e urgenza, andremo a categorizzare le attività e identificare quali sono le possibili azioni da compiere per ognuna di esse:

- Do: sono le attività importanti e urgenti. Queste sono le attività da eseguire immediatamente, da spostare in cima alla lista delle priorità
- Schedule: sono le attività importanti ma non urgenti. Sono le cose che davvero ci aiuteranno a raggiungere i nostri obiettivi più ambiziosi. Raramente le cose molto urgenti sono davvero anche molto importanti (almeno non per raggiungere obiettivi di lungo termine), mentre le cose più rilevanti richiedono tempo per essere pianificate e implementate. Idealmente, dovremmo passare quanto più tempo possibile ad eseguire ciò che pianifichiamo in questo quadrante, in quanto la loro realizzazione ci farà avvicinare al nostro risultato.
- Delegate: le attività non importanti ma urgenti possono essere delegate a qualcun altro. Dovendo essere eseguite rapidamente, ma dovendo noi occuparci di attività più importanti, quando possibile le possiamo dare in carico ad altre persone nel nostro team o a colleghi (a cui magari chiediamo cortesemente aiuto..).
- Eliminate: le attività non importanti e non urgenti sono semplicemente da cestinare. Eseguirle vorrebbe dire perdere tempo sulle cose sbagliate, che non avranno alcuna influenza sul raggiungimento di risultati concreti.
Tecnica Scrum
Avendo parlato di metodologie “agili” poco fa, è venuto il momento di menzionarne almeno due.
Faccio una premessa: la tecnica MoSCoW fa parte di molte metodologie Agile, ma l’aspetto che mi interessa sottolineare a questo punto è l’organizzazione dei task.
Partiamo con la prima metodologia: Scrum.
Scrum è un processo utilizzato per sviluppare, implementare e migliorare costantemente un software, anche se la sua applicazione è andata al di là del mondo tecnologico e ha raggiunto anche altri ambiti come ricerca, marketing e sales.
L’aspetto cruciale riguarda:
- L’utilizzo di una board (lavagna), fisica o digitale, per tracciare tutti i task (mini-goal) necessari al raggiungimento dell’obiettivo
- L’organizzazione dei task in categorie e colonne nella board
- Il tracciamento dello progresso di quei task
In sostanza, il suo vantaggio principale è questo: essere in grado di mettere per iscritto tutte le micro-attività su cui lavorare, includerle in una lavagna, organizzarle per status e muoverle da una colonna all’altra in base allo stato di avanzamento.
Tipicamente, quando si usa una lavagna fisica, questi task vengono scritti su dei foglietti (post-it) da appiccicare alla lavagna. Se sei mai entrato in un’azienda tech, ne avrai sicuramente viste a decine.
Nella metodologia Scrum, si lavora in “iterazioni” o “Sprint”, ovvero dei blocchi di una o due settimane, entro le quali una serie di attività identificate come prioritarie devono essere portate a termine. Alla fine di ogni Sprint, si fa il piano di quali task dovranno essere presi in carico per la Sprint successiva.
Ogni task ha un “owner”, ovvero una persona che lo prenderà in carica e ha la responsabilità di portarlo a termine entro una certa data. A lui/lei l’onere di richiedere supporto da parte di altre persone nel momento in cui ha bisogno di aiuto o è bloccato a causa di un’altra attività (in carico a qualcun altro) che non gli consente di proseguire.
Vi lascio un esempio, tratto da una board di lavoro:

La lavagna tendenzialmente include varie colonne/status:
- Backlog: include la lista di tutti i task che dovremmo portare a termine per completare il progetto, senza alcuna prioritizzazione
- To Do: in questa colonna spostiamo i task che sono prioritari per la Sprint corrente e che hanno tutte le informazioni necessarie per essere portati a termine
- In Progress: qui spostiamo i task che sono stati assegnati ad un owner e sono stati presi in carico. Di giorno in giorno questi si muoveranno in altre colonne quando completati
- Approval/Ready for Review: una volta completato il task, a volte, sopratutto quando si lavora con clienti o gradi aziende, abbiamo bisogno dell’approvazione da parte di qualcuno. Ecco che l’attività si sposta in questa colonna finché non viene approvata.
- Done: attività completata. A questo punto, possiamo prendere in carico dei nuovi task all’interno della Sprit corrente
Per essere efficienti, dovremo focalizzarci prevalentemente nella corretta definizione dei “To Do” (ovvero le priorità).
Quando pianifichiamo bene le priorità a seconda del contesto e di quello che ha senso fare in quella fase del progetto (professionale o personale), riusciremo a completare le cose giuste, che ci avvicinano (di una “Sprint” in più, vogliamo dirla in gergo) all’obiettivo.
Tecnica Kanban
Molto simile alla metodologia Scrum, abbiamo il metodo Kanban.
Sia Scrum, sia Kanban condividono i principi fondamentali, l’idea della lavagna (fisica e digitale), l’importanza della definizione delle priorità e del tracciamento dello stato di avanzamento di ogni task in maniera dettagliata.
La principale differenza tra le due sta nella logica alla base della metodologia.
Mentre Scrum lavora in Sprint, cicli di lavoro finalizzati a produrre una versione sempre migliore di un prodotto o di una strategia e definisce le priorità sulla base di un obiettivo macro, Kanban invece si focalizza sulla pianificazione ed esecuzione di task che sono spesso simili tra loro in ogni Sprint e si concludono con la Sprint stessa. Mentre Scrum concepisce la pianificazione come un prodotto che evolve, Kanban si focalizza su attività più piccole che sono a se stanti e una volta completate, spesso concludono da sole un mini-progetto.
Per dirla in “tecnichese” Kanban è il “bug fix”, è una catena di montaggio; Scrum è lo sviluppo di una nuova feature o di un nuovo prodotto.
Se volessimo semplificare, potremmo dire che Scrum guarda al lungo termine, mentre Kanban ha focus sul breve termine. Se Scrum si focalizza sullo sviluppo di un prodotto, Kanban si occupa del mantenimento (“maintenance”) del prodotto stesso.
Mentre Scrum ha un approccio iterativo e dinamico all’esecuzione di task, Kanban viene meglio applicato in contesti dove le attiività da fare sono molto routinarie e spesso simili.
La lavagna include colonne simili e ogni attività ha un ciclo di vita simile in entrambe le metodologie.
Personalmente, ritengo Kanban molto utile in alcuni contesti specifici:
- Per la definizione e tracciamento di una routine mattutina
- Per la creazione di una nuova abitudine
- Per lo svolgimento di task quotidiani con una struttura ogni volta simile (riunioni, training, lezioni)
- Per organizzare la struttura di un contenuto o di una presentazione (checklist di attività da tenere sempre in considerazione ogni volta che si svolge quel compito)
Sconsiglio invece l’utilizzo di questo metodo per lo sviluppo di strategie o prodotti o business, in quanto questi sono molto meno routinari e molto più creativi. In quanto tali, richiederanno più dinamicità.
Tecnica ICE
Una delle tecniche più efficaci che io abbia mai utilizzato ad oggi é senza dubbio la metodologia “ICE”.
Particolarmente diffuso tra chi lavora nell’ambito del Growth Marketing, il framework ICE è a metà tra una tecnica di brainstorming e un metodo di prioritizzazione.
Consente di generare idee (riguardo a strategie, esperimenti, test) e successivamente prioritirizzarle sulla base di 3 variabili:
- Impact: quanto grande sarà l’impatto di quell’idea rispetto al raggiungimento del nostro obiettivo
- Confidence: quanto siamo sicuri che, eseguendo questa idea, potremo raggiungere l’impatto desiderato
- Ease: quanto é complicato implementare l’idea
Il primo passo é quidi quello di definire una lista di idee e stategie che ci consentano di risolvere un problema e avvicinarci ad un obiettivo specifico.
Nel Growth Marketing si parla di “North Star” metric, ovvero una metrica, un parametro che funga da stella polare e che indichi la strada verso cui puntare.
In questo senso, la lista delle nostre idee deve puntare a quella stella polare, al nostro risultato finale desiderato.
Come possiamo arrivarci? Facendoci questa domanda, stimoleremo la nostra immaginazione e metteremo per iscritto le nostre idee.
Una volta completato questo passaggio, dovremo dare uno score (da 1 a 5) per ognuna delle 3 variabil (impact, confidence, ease).
Chiediti quale impatto potrá avere quell’idea e quanto complicato sará eseguirla. Poi scrivi lo score accanto all’idea.
Il prossimo passo é il conteggio: dovremo sommare lo score delle tre variabili e avere cosí la somma finale.
Adesso saremo pronti per prioritizzare: ordiniamo la lista delle idee da quella con lo score più alto a quello più basso e cominciamo ad eseguirle. Le idee con il numero più alto saranno le nostre “quick wins” ovvero le attivitá che stimiamo avranno il massimo impatto con il minimo effort possibile.
Ti lascio qui sotto un esempio di come puoi strutturare il tuo documento ICE:

Conclusioni
In conclusione, come spesso si dice, non esiste la metodologia perfetta per organizzare un progetto o la propria vita in generale.
Esistono solo modi differenti di gestione delle attività e degli obiettivi.
Il nostro compito è identificare quello che meglio si adatta al nostro modo di pensare e al nostro contesto.
Ti consiglio di testare metodologie differenti e vedere quella che meglio si adatta al tuo caso specifico.
Nel frattempo, ti lascio alcuni consigli basati su quello che ha funzionato per me:
- Utilizza la tecnica MoSCoW per identificare il 20% delle cose davvero essenziali che ti consentiranno di ottenere l’80% dei risultati
- Se lavori come dipendente o come consulente, organizza le tue priorità utilizzando la matrice di Eisenhower, in modo da capire quali sono le attività, clienti, progetti davvero importanti per raggiungere il tuo obiettivo di sviluppo professionale
- Utilizza una Scrum board al lavoro per organizzare e tracciare le attività da fare nell’ambito del progetto su cui stai lavorando
- Utilizza una Kanban board per tenere tracciare delle tue routine settimanali (sport, lettura, appuntamenti, spesa, etc)
- Utilizza la metodologia ICE per creare nuove idee di progetto e prioritizzarle secondo l’impatto che possono avere e il tempo necessario a portarle a termine.
Quali di queste tecniche utilizzi? Quale hai intenzione di testare da domani?